ÀP - Antimafia Pop Academy, una nuova stagione: "L'anno del conflitto"
Dove fanno il deserto, dicono che c'è la pace
Tacito
Conflitto. È questo il tema a cui abbiamo deciso di dedicare il lavoro e la programmazione dell’anno che verrà. In un contesto in cui la guerra domina lo scenario internazionale, conflittuale deve essere considerare e introiettare la nonviolenza – interpretando le parole di Enrico Peyretti, attivista, saggista e intellettuale impegnato nella ricerca per la pace e nel movimento per la nonviolenza – come parte del conflitto, in qualità di elemento capace di gestirlo «con la forza della sincerità, in modo tale da condurlo ad essere un atto di vita e di verità». Stare nel conflitto «per trasformarlo da mortale in vitale, da eliminatorio in costruttivo», in sintesi.
Il conflitto, dunque, come azione che rifiuta il concetto di violenza e di guerra spesso sovrapponibili tra loro come sottolineato dal pedagogista Daniele Novara, fondatore e direttore del Centro Psico Pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza. Da qui l’ulteriore sollecitazione a guardare al conflitto come «territorio di esperienza» distinto da quello della violenza, vista a sua volta come una «incapacità di stare nel conflitto». Un conflitto che sappia innescare cambiamento e capacità di rinnovamento.
Conflittuale è naturalmente la relazione che nel nostro operato quotidiano viviamo con docenti, ragazzi e ragazze, enti e istituzioni con cui entriamo in contatto. Conflittuale è il quotidiano scambio di idee e di opinioni. Conflittuale è la nostra presenza sul territorio in cui operiamo e in quelli in cui ci accingiamo ad operare. Conflittuale è la creazione di un nuovo immaginario antimafia.
Conflittuale è la nostra antimafia sociale come pratica e punto d’osservazione per contrastare le povertà educative e culturali. E altrettanto conflittuale deve essere estendere la sfera dei diritti per arginare le disuguaglianze, come pure mettere in crisi il presente attraverso nuove strade e nuove alleanze per alimentare uno sguardo capace di costruire futuro.
Così, alla luce di quanto abbiamo praticato ed agito in questi ultimi mesi, la parola conflitto è emersa ed emerge come parola urgente e non rinviabile nelle nostre riflessioni e nel nostro percorso. Uno strumento di crescita democratica, quindi da praticare. Un mezzo di comprensione del mondo e di azione al suo interno, perché capace di racchiudere un percorso politico-culturale che si rinnovi e che abbia – come macro-obiettivo – la necessità di dare nuova linfa e nervatura a un patrimonio comune di valori da praticare e da mettere in campo. Un conflitto che sappia essere elemento di contraddizione nelle azioni e nelle narrazioni legate a una serie di temi a noi cari: mafie e antimafia, processi educativi, economia, questioni di genere, forme di racconto ed immaginari (musica, fumetto, teatro, podcast etc.).
Avremo modo nel corso dei prossimi mesi di confrontarci e discutere. Ci saranno momenti pubblici, riflessioni che condivideremo con voi attraverso i nostri canali e contributi che diventeranno oggetto di pubblicazioni specifiche con Tre Sei Zero, il nostro osservatorio su giovani, mafie e periferie, sempre con l’obiettivo di creare, agire e trasformare il nostro presente.
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